Metti caso un amore. Un amore che nemmeno ci credi. E fai bene. Impossibile e improponibile. Così infantile che vive dei capricci, dei bronci e degli slanci dell’infanzia. Metti caso che questo amore si comporti come… non come un amore, piuttosto come una sorta di… Qualcosa di intimo, di vicino. Un vincolo di parentela non biologico. Qualcosa che pensi sia tuo da sempre. Che ti sei portata dentro alle scatole dei tuoi traslochi, tra le pagine dei tuoi diari. Che se parli sbagli, perché non è il linguaggio il mezzo con cui ci comunichi. Che senti come sentono le vibrisse dei gatti, come sentono i nervi dei cavalli, come si sentono le carezze delle mani. Che ti ha addomesticato tuo malgrado e non te ne sei fatta una ragione. Una di quelle amicizie che ti tengono stretta senza stringerti, che ti lasciano senza abbandonarti, che ti viziano senza coccolarti. A volte hai la chiara percezione che devi liberartene, che devi crescere, e sostituire questo sentimento di bambina con un altro amore. Ma diciamo che, appunto: sarebbe altro. Non questa amicizia che ti sovviene. E più ti avversa più ti vuol bene.